PINNA Franco
(La Maddalena, 1925 - Roma 1978)
Reporter fra i più noti del suo tempo, Franco Pinna è stato esponente emblematico del Neorealismo fotografico.
I suoi esordi professionali (1952), dopo la militanza nella Resistenza romana e una breve esperienza come operatore di cinedocumentari, avvengono, con Plinio De Martiis, Caio Garrubba, Nicola Sansone e Pablo Volta, nella cooperativa romana Fotografi Associati. La pratica della fotografia giornalistica viene concepita in parallelo a un’intensa militanza politica nella quale Pinna si distingue come attivista del Partito Comunista Italiano; in questa veste riprende, con Tazio Secchiaroli, le cariche della polizia contro una manifestazione anti-NATO (Roma, giugno 1952), sfuggendo alla reazione delle forze dell’ordine e impiegando di fatto metodi da blitzphotographie che di lì a poco avrebbero caratterizzato il fenomeno del “paparazzismo”.
Nell’autunno del 1952, Pinna segue l’antropologo Ernesto De Martino in una prima spedizione scientifica multidisciplinare effettuata fra i luoghi più poveri e arcaici della Lucania, prevalentemente nella provincia di Matera, a cui ne avrebbe fatto seguito un’altra (1956), nella provincia di Potenza. Nel 1956, dietro l’antropologo Franco Cagnetta, Pinna compie un’intensa indagine fotografica sulle borgate romane, concependo la sequenza come forma privilegiata di rappresentazione, da cui ricava esiti paralleli a quelli che Cesare Zavattini aveva teorizzato nel cosiddetto “pedinamento”. Sempre nel 1956, in seguito all’occupazione dell’Ungheria da parte dell’URSS, Pinna conclude la sua militanza all’interno del P.C.I.
Nel 1959, la fotografia di Pinna in supporto alla ricerca antropologica raggiunge il suo apice in una spedizione in Salento dietro i riti del tarantismo, sempre al seguito di De Martino, sviluppando al meglio i presupposti delle documentazioni nelle borgate romane. Nello stesso anno, Pinna pubblica il suo primo fotolibro, La Sila, affermando la sua autonomia espressiva rispetto all’ambito antropologico, a cui fa seguito, nel 1961, Sardegna una civiltà di pietra, la sua maggiore pubblicazione. Nello stesso anno, il modesto trattamento riservatogli da De Martino ne La terra del rimorso, resoconto scientifico della spedizione in Salento, compromette i rapporti fra il fotografo e lo studioso.
Prediletto da periodici quali “Vie Nuove”, “Noi Donne”, “L’Espresso”, “Panorama”, Pinna diventa dal 1964 fotografo di fiducia di Federico Fellini, per il quale aveva già lavorato nella preparazione de La strada. Dai film del regista (Giulietta degli spiriti, Tre passi nel delirio/Toby Dammit, Satyricon, Block-notes di un regista, Roma, Amarcord, Il Casanova di Federico Fellini), Pinna ricava materiale per illustrare special nei più conosciuti magazine internazionali e fotolibri di larga diffusione (Fellini’s Filme). La morte improvvisa gli impedisce di concludere il progetto Itinerari emiliani, iniziato nel 1976 per conto della Regione Emilia-Romagna, e di svolgere ulteriore attività organizzativa all’interno dell’A.I.R.F. (Associazione Italiana Reporter Fotografi), di cui era stato promotore.
I suoi esordi professionali (1952), dopo la militanza nella Resistenza romana e una breve esperienza come operatore di cinedocumentari, avvengono, con Plinio De Martiis, Caio Garrubba, Nicola Sansone e Pablo Volta, nella cooperativa romana Fotografi Associati. La pratica della fotografia giornalistica viene concepita in parallelo a un’intensa militanza politica nella quale Pinna si distingue come attivista del Partito Comunista Italiano; in questa veste riprende, con Tazio Secchiaroli, le cariche della polizia contro una manifestazione anti-NATO (Roma, giugno 1952), sfuggendo alla reazione delle forze dell’ordine e impiegando di fatto metodi da blitzphotographie che di lì a poco avrebbero caratterizzato il fenomeno del “paparazzismo”.
Nell’autunno del 1952, Pinna segue l’antropologo Ernesto De Martino in una prima spedizione scientifica multidisciplinare effettuata fra i luoghi più poveri e arcaici della Lucania, prevalentemente nella provincia di Matera, a cui ne avrebbe fatto seguito un’altra (1956), nella provincia di Potenza. Nel 1956, dietro l’antropologo Franco Cagnetta, Pinna compie un’intensa indagine fotografica sulle borgate romane, concependo la sequenza come forma privilegiata di rappresentazione, da cui ricava esiti paralleli a quelli che Cesare Zavattini aveva teorizzato nel cosiddetto “pedinamento”. Sempre nel 1956, in seguito all’occupazione dell’Ungheria da parte dell’URSS, Pinna conclude la sua militanza all’interno del P.C.I.
Nel 1959, la fotografia di Pinna in supporto alla ricerca antropologica raggiunge il suo apice in una spedizione in Salento dietro i riti del tarantismo, sempre al seguito di De Martino, sviluppando al meglio i presupposti delle documentazioni nelle borgate romane. Nello stesso anno, Pinna pubblica il suo primo fotolibro, La Sila, affermando la sua autonomia espressiva rispetto all’ambito antropologico, a cui fa seguito, nel 1961, Sardegna una civiltà di pietra, la sua maggiore pubblicazione. Nello stesso anno, il modesto trattamento riservatogli da De Martino ne La terra del rimorso, resoconto scientifico della spedizione in Salento, compromette i rapporti fra il fotografo e lo studioso.
Prediletto da periodici quali “Vie Nuove”, “Noi Donne”, “L’Espresso”, “Panorama”, Pinna diventa dal 1964 fotografo di fiducia di Federico Fellini, per il quale aveva già lavorato nella preparazione de La strada. Dai film del regista (Giulietta degli spiriti, Tre passi nel delirio/Toby Dammit, Satyricon, Block-notes di un regista, Roma, Amarcord, Il Casanova di Federico Fellini), Pinna ricava materiale per illustrare special nei più conosciuti magazine internazionali e fotolibri di larga diffusione (Fellini’s Filme). La morte improvvisa gli impedisce di concludere il progetto Itinerari emiliani, iniziato nel 1976 per conto della Regione Emilia-Romagna, e di svolgere ulteriore attività organizzativa all’interno dell’A.I.R.F. (Associazione Italiana Reporter Fotografi), di cui era stato promotore.
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In archivio dal
23-02-2015